venerdì 30 aprile 2010

RIVENDICAZIONI ECONOMICHE DEI VIGILI DEL FUOCO.

LEGITTIMA E GIUSTA PROTESTA DEI NOSTRI "VIGILI DEL FUOCO".
SCIOPERO IN CORSO, PER LO MENO IN ALCUNE PROVINCE, PER LA RIVENDICA DI "DIFFERENZE ECONOMICHE" PARI A e. 300,00 AL MESE TRA "I NOSTRI" E "GLI OPERATORI" DELLE FORZE
DELL'ORDINE.
COME GIUSTAMENTE RAPPRESENTATO NELLE SEDI ISTITUZIONALI NON SUSSISTE ALCUNA PARITA' DI
TRATTAMENTO ECONOMICO TRA I VIGILI E QUALSIASI ALTRO OPERATORE DELLA SICUREZZA PER CUI, A PARITA' DI IMPEGNO LAVORATIVO E IN VIOLAZIONE DELL'ART. 3 E 36 DELLA CARTA
COSTITUZIONALE SI CONTINUA ALLA ATTRIBUZIONE DI UN DIFFERENTE TRATTAMENTO ECONOMICO CHE
VA ELIMINATO E CHE NON PUO' ESSERE ASSOLUTAMENTE ACCETTATO.
A FRONTE DI TANTO I VIGILI DEL FUOCO CHIEDONO L'INSERIMENTO NEL CONTRATTO NAZIONALE PER
IL COMPARTO DI SICUREZZA PERCHE' COSI' FACENDO E COSI' OPERANDO SI ABBATTE QUESTA
DIFFERENZIAZIONE ECONOMICA E LAVORATIVA.

IL MINISTERO DIFESA CONDANNATO DAL TAR A RISARCIRE I DANNI ESISTENZIALI AD UN MARESCIALLO DELL'ESERCITO.

CLAMOROSO MA VERO.
ANCHE IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO COMINCIA A PRONUNCIARSI SUL DANNO "ESISTENZIALE" CHE
COLPISCE I MILITARI PER PROVVEDIMENTI ILLEGITTIMI ASSUNTI DAL MINISTERO.
NOTORIAMENTE QUESTO DANNO ESISTENZIALE SI CORRELA AD UN DANNO DI NATURA BIOLOGICA O MORALE CHE INCIDE SULLA PERSONA E SULLA PERSONALITA' DEL MILITARE SICCHE' GLI VANNO
INDENNIZZATI I DANNI DI QUALSIASI NATURA CORRELATI A QUESTI "ASSURDI PROVVEDIMENTI, TRA
CUI IL "DEMANSIONAMENTO". COSA SIGNIFICA "DEMANSIONAMENTO". VUOL DIRE L'ASSEGNAZIONE DEL "NOSTRO" AD INCARICHI DI DIVERSO TIPO RISPETTO A QUELLI GIA' ASSEGNATI, DI MINORE
IMPORTANZA E RESPONSABILITA' E TALI DA SCORAGGIARLO E DA PORLO IN UNA OTTICA DI UMILIAZIONE. SIGNIFICA ALTRESI' CHE ANCHE IL NON ASSEGNARE "ALCUN INCARICO" PUR MANTENENDO IN SERVIZIO "IL NOSTRO" SI MATERIALIZZA QUEL DANNO ESISTENZIALE PER IL QUALE SI PUO' PROPORRE LA RIVENDICA IN SEDE DI TRIBUNALE AMMINISTRATIVO. QUESTO "CONCETTO" E' STATO ILLUSTRATO IN UN RECENTE INCONTRO, CON GIURISTI CHE SI OCCUPANO DI QUESTA TEMATICA, DAL PROF.AVV.CIRO CENTORE CHE, TRA L'ALTRO VIENE AD ESSERE ANCHE
IL PRESIDENTE DELLA NOSTRA ASSOCIAZIONE E CHE IN APERTURA DI QUESTO INCONTRO SI E'
RICHIAMATO PER L'APPUNTO A QUESTO RECENTISSIMO VERDETTO DEL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO,
DISTRIBUENDONE COPIA, PER LA RELATIVA DIFFUSIONE NELL'AMBITO DELLA TEMATICA TRATTATA.
ECCO QUI DI SEGUITO IL TESTO DELLA SENTENZA CHE POTREBBE ESSERE UTILE AD OGNI "MILITARE", GRADUATO O NON.



REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale
SENTENZA
Sul ricorso ………..
contro
MINISTERO DELLA DIFESA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliato presso gli uffici di quest’ultima,
per l’affermazione:
- del diritto del ricorrente di vedersi riconosciuto, a tutti gli effetti, come prestato presso il Reparto di appartenenza, per il periodo dal 24.03.2000 al 21.09.2000 durante il quale, con provvedimento prot. 0818/2710 del 10.04.2001, emesso dal comando del 2^ Reggimento Bersaglieri, fu trasferito in forza assente presso il Distretto Militare di……. con ogni conseguente statuizione di natura caratteristica, economica, retributiva e contributiva e con conseguente correzione del foglio matricolare; con condanna altresì del Ministero al risarcimento dei danni subiti dal ricorrente a seguito della dequalificazione professionale e del demansionamento di cui il ricorrente è stato vittima, nonché dell’illegittima propalazione di notizie riservate riguardanti la vicenda.

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12/01/2010 il dott. Stefano Celeste Cozzi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO
1. Il ricorrente è un sottufficiale dell’esercito e presta attualmente servizio presso la Caserma di ……….
1.1. In data 1 marzo 2000, mentre era in forza presso il 2^ Reggimento Bersaglieri di……. venne colpito da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere in quanto sottoposto ad un processo penale pendente presso il Tribunale di ……..
1.2. Scarcerato in data 4 marzo 2000, gli furono poi comminati gli arresti domiciliari sino al 24 marzo 2000.
1.3. Successivamente, conclusasi l’applicazione delle succitate misure, il ricorrente, con atto emesso dal Comando del 2^ Reggimento Bersaglieri datato 10 aprile 2000, fu collocato in forza assente presso il Distretto Militare di …… a decorrere dal 24 marzo 2000.
1.4. Tale provvedimento ha impedito al ricorrente medesimo di riprendere effettivo servizio; finché il Distretto Militare di ….., con nota del 21 settembre 2000 (e quindi dopo un periodo di circa sei mesi nel corso dei quali all’interessato non è stato di fatto affidato alcun incarico) ha rilevato che il Maresciallo Vecchio sarebbe dovuto transitare nella forza effettiva del Comando 2^ Reggimento Bersaglieri di …. a decorre dalla medesima data in cui quest’ultimo lo aveva collocato in forza assente, e cioè sempre dal 24 marzo 2000.
1.5. In sostanza, secondo il Distretto Militare, una volta terminata l’applicazione delle misure cautelari disposte dal giudice penale, il ricorrente non avrebbe dovuto essere collocato in forza assente, ma avrebbe dovuto al contrario riprendere sin da subito servizio presso il Comando di provenienza.
1.6. Dopo la trasmissione della nota testé menzionata, e pertanto solo dal 22 settembre 2000, il Comando di…ha consentito quindi al ricorrente di riprendere effettivamente servizio.
1.7. Con il ricorso in esame, l’interessato chiede che venga dichiarato da questo giudice il suo diritto di vedersi riconosciuto, a tutti gli effetti, come prestato presso il Reparto di appartenenza, Comando 2^ Reggimento Bersaglieri di ……., il periodo dal 24.03.2000 al 21.09.2000; e che di conseguenza venga ordinata la ricostruzione della sua carriera.
1.8. Lamenta inoltre che dopo la riassunzione in servizio gli sarebbero stati affidati incarichi non confacenti al suo grado di Maresciallo, e di aver subito quindi un demansionamento il quale gli avrebbe a sua volta provocato danni di natura patrimoniale, biologica, esistenziale e morale, di cui chiede il risarcimento.
1.9. Causa di ulteriore danno sarebbero state poi le modalità attraverso le quali le autorità militari hanno fatto circolare, fra i diversi reparti, le notizie che riguardavano il procedimento penale al quale egli era sottoposto.
1.10. Anche di tale voce di danno il ricorrente chiede il risarcimento.
1.11. Costituitosi in giudizio, il Ministero della Difesa si oppone all’accoglimento del ricorso.
1.12. La Sezione, con sentenza non definitiva n. …….. del …., ha accolto la domanda di accertamento volta al riconoscimento, come servizio prestato a tutti gli effetti, del periodo 24 marzo 2000 – 21 settembre 2000, e la conseguente domanda di condanna dell’Amministrazione alla ricostruzione di carriera; ha respinto in parte la domanda di condanna al risarcimento dei danni (con particolare riferimento a quelli dovuti alla circolazione delle notizie riguardanti la vicenda giudiziaria, e a quelli di natura patrimoniale); ha stabilito di procedere con una consulenza tecnica d’ufficio per l’accertamento della sussistenza e della consistenza del danno biologico, disponendo che su tale voce di danno (così come per i danni esistenziali e morali lamentati dal ricorrente) si sarebbe pronunciato dopo l’espletamento dell’incombente istruttorio.
1.13. Compiuto quest’ultimo, la Causa è stata chiamata all’udienza pubblica del 12 gennaio 2010, ad esito della quale il Collegio ha trattenuta la stessa in decisione.
2. La controversia in esame, dopo la sentenza interlocutoria n. .., riguarda ormai solo la domanda di risarcimento dei danni non patrimoniali che il ricorrente afferma di aver patito a causa dell’ingiusto demansionamento inflittogli dall’amministrazione intimata, dopo le vicende giudiziarie che lo hanno colpito.
2.1. Conviene innanzitutto precisare che la sentenza appena richiamata ha accertato: a) che il ricorrente è stato ingiustamente collocato nella forza assente nel periodo 24 marzo 2000 – 21 settembre 2000, durante il quale non gli è stato attribuito alcun incarico; b) che al rientro in servizio l’Amministrazione gli ha conferito mansioni non confacenti al suo grado di Maresciallo; c) che i danni patrimoniali occorsi al ricorrente, afferenti al lamentato rallentamento dello sviluppo di carriera, non sono stati adeguatamente dimostrati; d) che parimenti non è stata dimostrata la violazione delle disposizioni che disciplinano la circolazione delle informazione fra i reparti dell’amministrazione intimata, e che dunque non può essere accolta la domanda di risarcimento dei danni non patrimoniali causati dalla diffusione delle notizie riguardanti il procedimento penale cui è stato sottoposto il ricorrente.
2.2. Questi punti, pertanto, non possono più essere messi in discussione in questa fase della controversia.
3. Di conseguenza restano da esaminare le seguenti domande, riguardanti: a) il risarcimento del danno biologico connesso alla malattia psichica che, a dire dell’interessato, il summenzionato demansionamento gli avrebbe cagionato; b) il risarcimento del danno morale; c) il risarcimento del danno esistenziale connesso al mutamento delle proprie condizioni di vita (dovuto soprattutto all’azzeramento delle relazioni interpersonali che intercorrevano con colleghi), provocato, a dire dell’interessato, dall’atteggiamento vessatorio tenuto dall’Amministrazione datrice di lavoro.
3.1. Il Collegio deve in primo luogo verificare se tutte le summenzionate voci di danno siano effettivamente risarcibili nel caso di specie.
3.2. Deve premettersi che, sebbene la giurisprudenza, nelle più recenti decisioni, abbia chiarito che il danno non patrimoniale costituisce una categoria unitaria, che trova il proprio fondamento normativo nell’art. 2059 del codice civile, secondo cui, per tale figura di danno, può essere disposto il risarcimento “solo nei casi determinati dalla legge” (cfr. Cass. Civ., sez. un., 11 novembre 2008, n. 26972), nel prosieguo continueranno comunque ad utilizzarsi le espressioni “danno morale”, “danno esistenziale” e “danno biologico”, pur se a fini puramente descrittivi, onde pervenire ad una corretta determinazione dell’entità del risarcimento riconoscibile al danneggiato.
4. Ciò premesso, va osservato che il citato art. 2059 c.c. non configura un’autonoma fattispecie di illecito, contrapposta a quella generale individuata dall’art. 2043 c.c., ma consente solo che, in determinati casi, sia dato risarcimento anche al danno non patrimoniale; sempre che ricorrano tutti gli elementi richiamati dal citato art. 2043 c.c., e che quindi sussista: una condotta riferibile al danneggiante; un evento di danno (danno evento) connotato da ingiustizia (determinata quest’ultima da una lesione, non giustificata, di un interesse meritevole di tutela); un nesso di causalità fra condotta ed evento; un danno conseguente all’evento (danno-conseguenza).
4.1. Il danno-conseguenza può poi essere di natura patrimoniale o non patrimoniale, a seconda che l’interesse leso sia, o meno, suscettibile di valutazione economica: ed è proprio il ricorrere di quest’ultima evenienza (la non commisurabilità del danno in termini economici) che determina l’applicazione dell’art. 2059 c.c..
4.2. La peculiarità del danno non patrimoniale sta dunque unicamente nel fatto che la sua risarcibilità non dipende esclusivamente dal ricorrere degli elementi di cui all’art. 2043 c.c., essendo necessario che la lesione sia perpetrata mediante il realizzarsi di una fattispecie riconducibile ad una delle ipotesi predeterminate dalla legge. L’illecito che dà luogo a danno non patrimoniale risarcibile è dunque connotato dalla tipicità, a differenza dell’illecito che provoca danni patrimoniali, che è invece sempre risarcibile, ed è quindi atipico.
4.3. Il legislatore ha introdotto nell’ordinamento diverse norme che individuano fattispecie tipiche di risarcibilità del danno non patrimoniale: la più importante è l’art. 185 c.p., dettato per le ipotesi di danno cagionato da reato; vi sono poi l’art. 2 della legge n. 117/98, riguardante i danni per gli illeciti derivanti da ingiusta detenzione; l’art. 9 della legge n. 675/96, riguardante l’impiego di modalità illecite per la raccolta dei dati personali; l’art. 44 del d.lgs n. 286/98, riguardante l’illecito derivante da discriminazioni etniche, razziali o religiose; ed infine, l’art. 2 della legge n. 89/2001 che concerne la violazione del termine di ragionevole durata dei processi.
4.4. Accanto a queste ipotesi predefinite dalla legge, la giurisprudenza ne ha individuata un’altra di carattere generale riguardante i casi in cui la lesione abbia ad oggetto un diritto inviolabile della persona, presidiato da norme di rango costituzionale (ingiustizia costituzionalmente qualificata): in caso di lesioni di tal genere, la risarcibilità dei danni non patrimoniali è ammessa anche ove non vi sia una espressa statuizione in tal senso da parte del legislatore, atteso che, da un lato, tale misura costituisce uno strumento minimo di tutela che un ordinamento democratico non può non apprestare per la difesa dei diritti fondamentali della persona e che, da altro lato, le norme costituzionali, nel riconoscere tali diritti, esigono (anche se implicitamente) siffatta risarcibilità, e costituiscono dunque un valido punto di approdo per il rinvio alla legge operato dall’art. 2059 del codice civile (cfr. Cass. Civ., sez. III, 31 maggio n. 8827; id, 31 maggio 2003 n. 8828) . Si parla comunemente in tal caso di danno esistenziale il quale, come detto, non ha una sua autonomia concettuale, ma è un elemento da considerare, ove ricorra il presupposto della sua "serietà", nell’ambito del danno non patrimoniale: esso si identifica quindi in ogni pregiudizio, di natura non meramente emotiva ed interiore (come avviene per il danno morale), ma oggettivamente accertabile, provocato sul fare areddittuale del soggetto, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all'espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno (Cassazione civile , sez. III, 21 luglio 2009 , n. 16914).
4.5. La stessa giurisprudenza ha inoltre chiarito che, in questo specifico caso, una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c., impone che il danno non patrimoniale debba essere risarcito anche nell’ambito della responsabilità contrattuale, nonostante, come noto, la summenzionata norma sia stata dettata in tema di responsabilità aquiliana. La ragione di questa estensione applicativa risiede proprio nella natura degli interessi tutelati i quali, data la loro rilevanza costituzionale e la loro pertinenza ad aspetti legati alla personalità, non possono ricevere una minore tutela solo perché l’illecito che li colpisce si configura di tipo contrattuale; senza contare che la rilevanza, in ambito contrattuale, degli interessi non patrimoniali, viene espressamente riconosciuta dall’art. 1174 c.c., secondo cui la prestazione che forma oggetto dell’obbligazione deve corrispondere ad un interesse, anche non patrimoniale, del creditore (Cass. Civ. sez. un. n. 26972/2009 cit.) .
4.6. Tipica ipotesi in tal senso è il danno non patrimoniale cagionato al lavoratore in caso di demansionamento: per questa ipotesi di illecito (senz’altro di tipo contrattuale, in quanto implicante la violazione delle specifiche obbligazioni che derivano dal rapporto di lavoro) non vi è alcuna norma legislativa specifica che preveda la risarcibilità del danno non patrimoniale ad esso conseguente; che tuttavia è ugualmente ammessa proprio perché derivante dalla lesione di interessi della personalità presidiati dagli art. 1, 2, 4 e 35 della carta fondamentale.
4.7. La definizione di danno esistenziale abbraccia anche il pregiudizio alla vita di relazione, dovuto alla compromissione, conseguente all’illecito, delle relazioni intersoggettive del danneggiato la quale, se dimostrata in giudizio, deve dunque essere presa in considerazione ai fini della determinazione dell’entità del risarcimento.
4.8. Va tuttavia osservato che la giurisprudenza ormai consolidata, ritiene che, per evitare duplicazioni risarcitorie, il danno alla vita di relazione, se a sua volta provocato da lesioni all’integrità psico-fisica, deve essere ricompreso nel danno biologico (cfr. Cass. Civ., sez. III, 21 luglio 2009 , n. 16914; id. Sez. Un., 11 novembre 2008, n. 26972 cit.). Questa conclusione è avvalorata dall’art. 139, comma 2, del d.lgs. 7 settembre 2005 n. 209 (recante “Codice delle assicurazioni private”) che, nel definire il danno biologico come lesione temporanea o permanente all'integrità psico-fisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale, ne sottolinea, sotto l’aspetto funzionale, l’incidenza negativa “…sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito”.
5. Il danno morale si distingue dal danno esistenziale e si identifica con il patema d’animo, la sofferenza interna, che il danneggiato subisce a causa dell’illecito.
5.1. Tale tipologia di danno, secondo la giurisprudenza, è risarcibile solo allorché l’illecito sia ascrivibile ad una ipotesi di reato.
5.2. Invero, mentre per la fattispecie di cui all’art. 185 c.p., il legislatore non opera alcuna selezione degli interessi non patrimoniali risarcibili (con la conseguenza che il danno non patrimoniale, in caso di condotta integrante reato, può essere risarcito nella sua massima espansione), per quanto riguarda le ipotesi di lesione dei diritti fondamentali della persona (e quindi di danno esistenziale), la risarcibilità, proprio perché funzionale alla tutela di interessi particolarmente sensibili e non esplicitamente prevista dalla legge, riguarda solamente quello specifico interesse preso in considerazione dalla norma costituzionale: il danno morale strettamente inteso scaturisce dalla lesione di un interesse non preso in considerazione dalle disposizioni di rango costituzionale (che pur tutelano i diritti fondamentali della persona), e può pertanto essere risarcito solo quando la condotta dell’autore dell’illecito, oltre ad essere pregiudizievole per tali diritti, integri, anche in via meramente astratta, un’ipotesi di reato (cfr. Cass. Sez. Un. n. 26972/2008 cit; Consiglio di stato, sez. VI, 23 marzo 2009 , n. 1716; Corte appello Napoli, 10 giugno 2009; contra Cassazione civile, sez. lav., 19 dicembre 2008 , n. 29832 che sul punto tuttavia, pur affermando di volervi aderire, contraddice Cass. Sez. Un. n. 26972/2008).
5.3. Anche con riferimento al danno morale occorre prestare attenzione affinché vengano scongiurate duplicazioni risarcitorie; sicché qualora le sofferenze morali degenerino in alterazioni patologiche dello stato di salute, tale tipologia di danno non può essere risarcita in sé ma va a confluire nel danno biologico, del quale ogni sofferenza, fisica o psichica, per sua natura costituisce componente (cfr. Cass. Civ., sez. un., n. 26972 cit.; Cass. Civ., sez. lav., 30 novembre 2009 n. 25236).
6. Nel caso concreto, come in parte anticipato, il ricorrente ha certamente subito una lesione ad interessi fondamentali della persona connessi al suo status di lavoratore, presidiati dagli artt. 2, 3, 4 e 35 della Costituzione; ed inoltre poiché, come si vedrà, la condotta dell’Amministrazione gli ha provocato una malattia, può affermarsi che l’illecito (perlomeno in astratto) integri un’ipotesi di reato.
6.1. Tuttavia la sofferenza morale di cui l’interessato si lamenta è degenerata, come si è detto e come si dirà innanzi, in uno stato patologico; sicché essa costituisce una componente del danno biologico di cui verrà disposto il risarcimento, e non può quindi trovare autonomo ristoro.
7. Nella fattispecie concreta, inoltre l’interessato deduce che il comportamento illecito tenuto dall’Amministrazione gli avrebbe provocato danni alla vita di relazione, dovuti all’azzeramento dei rapporti interpersonali intrattenuti soprattutto (ma non solo) con i colleghi che, in passato, erano invece intensi e costituivano una delle modalità di realizzazione della propria personalità in ambito extra-lavorativo.
7.1. Sul punto va tuttavia considerato che, come afferma lo stesso ricorrente, tale riflesso negativo sulle abitudini di vita non dipende dal demansionamento in sé considerato ma, principalmente, dal fatto che i colleghi (e gli altri soggetti) erano venuti a conoscenza delle gravi accuse rivoltegli dall’autorità giudiziaria; ed inoltre dal disagio che il ricorrente stesso comunque provava nell’intrattenere rapporti interpersonali, anche con persone che non conoscevano la sua vicenda processuale.
7.2. Per ciò che concerne il primo aspetto, la sentenza n. ….. ha escluso che la circolazione delle notizie riguardanti le suindicate vicende fosse dipesa da un illecito perpetrato dall’Amministrazione; sicché, sotto tale profilo, questa voce di danno non può essere ascritta alla responsabilità di quest’ultima.
7.3. Per ciò che concerne invece il secondo profilo, vale quanto sopra precisato in punto di assorbimento del danno alla vita di relazione nel danno biologico, giacché si deve ritenere che il turbamento che impediva (ed impedisce) al ricorrente di relazionarsi con altre persone (non a conoscenza delle accuse a lui rivolte) sia una delle conseguenze della malattia pisco-fisica che lo ha colpito, e di cui si tratterà nel prosieguo.
7.4. Da tutto quanto sopra discende che, così come per il danno morale, anche del danno alla vita di relazione non si potrà tener conto ai fini della quantificazione del risarcimento.
8. Può quindi ora passarsi alla trattazione del danno biologico.
8.1. Come anticipato, la Sezione ha disposto una consulenza tecnica d’ufficio al fine di accertare se il comportamento illecito tenuto dall’Amministrazione, consistente nel demansionamento dell’interessato, avesse effettivamente provocato a quest’ultimo una malattia di natura psichica, e di accertarne quindi, in caso di risposta affermativa, la consistenza.
8.2. Il Consulente ha risposto affermativamente al questo, riferendo che il ricorrente soffre di “Disturbo dell’Adattamento con Ansia e Umore Depresso Misti”, e che per tale ragione può essere riconosciuta la sussistenza di un danno biologico permanente valutato nell’ordine del 7%; al quale va aggiunto un danno biologico temporaneo, per un periodo di 24 mesi in cui la malattia si è manifestata in forma più acuta, valutato nell’ordine del 50% per sei mesi e del 25% per i restanti mesi.
8.3. Ritiene il Collegio che non vi sia motivo per discostarsi dalle risultanze della perizia redatta dal CTU, avendo questi ben messo in evidenza che la suindicata malattia è casualmente riconducibile al demansionamento ad alle altre vessazione subite dall’interessato in ambito lavorativo; con ciò smentendo la principale critica mossa dall’Amministrazione, secondo la quale la causa dello stato patologico andrebbe individuata esclusivamente nella vicenda giudiziaria che ha coinvolto il medesimo interessato.
8.4. A conforto di tale conclusione conviene riportare alcuni passaggi della perizia, laddove si afferma che la malattia si è “sviluppata in coincidenza con una situazione di grande stress lavorativo”, e che quindi il disturbo “...può a ragione essere posto in relazione causale allo stress emotivo ad al carico di tensione che si sono accumulati nel periodo di tempo in cui il soggetto ha vissuto una realtà lavorativa “ostile” ben rappresentata dal demansionamento subito”.
8.5. L’Amministrazione deve quindi essere condannata al risarcimento del danno derivante dalla lesione dell’integrità psico-fisica da essa provocato al ricorrente.
9. Trattandosi di danno non patrimoniale, la quantificazione non può che avvenire in via equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c. (tenendo conto delle Tabelle elaborate dal Tribunale di ……, ma considerando che queste, nella nuova formulazione, comprendono anche la quota afferente ai danni morali ed ai danni alla vita di relazione di cui nello specifico si è esclusa la computabilità ai fini quantificatori).
9.1. Complessivamente pertanto l’Amministrazione deve essere condannata a corrispondere all’interessato la somma già rivalutata di Euro 28.552,38, oltre interessi sino al soddisfo.
10. Le spese, che vengono liquidate in dispositivo, seguono la regola generale della soccombenza
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per ……, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie in parte e per l’effetto condanna l’Amministrazione a versare al ricorrente la somma di Euro 28.552, 38 oltre ad interessi, come indicato in motivazione.
Condanna l’Amministrazione a rifondere al ricorrente le spese di giudizio che liquida in complessive Euro 6.501,81, di cui Euro 1000 per diritti ed onorari, 5.501,81 per esborsi, oltre IVA e c.p.a. se dovuti.
Condanna l’Amministrazione al pagamento delle spese per il compenso del CTU che quantifica in Euro 1.500 più IVA, dedotto quanto già versato dal ricorrente a titolo di fondo spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

giovedì 29 aprile 2010

NUBE DI CENERI E VOLI CANCELLATI: C'E' COMUNQUE IL RIMBORSO.

VOLI AEREI CANCELLATI A CAUSA DELLA NUBE DI CENERE PRODOTTA DAL VULCANO. COME SI DEVONO COMPORTARE I VIAGGIATORI BLOCCATI A TAERRA?.
IL CASO RIENTRA NELLE "CIRCOSTANZE ECCEZIONALI" CONSIDERATE DAL REGOLAMENTO EUROPEO
N.261/04, CHE PREVEDE, COMUNQUE, RIMBORSO DEL BIGLIETTO E ASSISTENZA.

mercoledì 28 aprile 2010

IL CARABINIERE CHE RIVENDICA LA DIPENDENZA DA CAUSA DI SERVIZIO PER TURBE DISFORICO ANSIOSE.

IL SERVIZIO CHE SI PRESTA NELLA "BENEMERITA" PUO' ESSERE CAUSA O "CONCAUSA" PER
L'INSORGERE DI GROSSE MALATTIE DI CARATTERE NEUROLOGICO PARTICOLRMENTE SE IL CARABINIERE E' ADDETTO A PARTICOLARI SERVIZI CHE SONO OCCASIONE O CONCAUSA SE NON
CAUSA PRINCIPALE PER L'INSORGERE DI QUESTE PATOLOGIE. IL PROF.CIRO CENTORE SE NE STA
OCCUPANDO NEGLI ULTIMI TEMPI E DI RECENTE HA AVUTO A RAPPRESENTARE AL TRIBUNALE
AMMINISTRTIVO UNA PARTICOLARE FATTISPECIE. UN CARABINIERE POSTO IN CONGEDO DOPO
DIECI ANNI E PIU' DI PRESTAZIONE E DI SERVIZIO ATTIVO, PURTROPPO CON UNA PATOLOGIA
NEUROLOGICA ABBASTANZA SERIA CHE LO HA VISTO SOFFRIRE NON POCO E LO SOTTOPONE A
CURE COSTANTI AVEVA CHIESTO IL RICONOSCIMENTO DELLA DIPENDENZA DA CAUSA DI SERVIZIO
DI QUESTE PATOLOGIE OLTRE CHE DI ALTRE PATOLOGIE, DI MINORE RILEVANZA, COME LA
SPONDILOARTROSI. EBBENE IL COMANDO GENERALE GLI HA RICONOSCIUTO QUESTE ULTIME E NON
LE PRIME MOLTO PIU' GRAVI SICCHE' SI E' STATI COSTRETTI A DOVER ATTIVARE UNA VERTENZA
PER LA QUALE SI ATTENDE IL VERDETTO/RISPOSTA DEL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO.
QUI DI SEGUITO RIPORTIAMO IL TESTO DEL RICORSO COSI' AVANZATO E FORMULATO, OMETTENDO,
NATURALMENTE LA IDENTITA' DEL DENUNCIANTE PER OVVIA ESIGENZA DI PRIVACY.
CI SI AUGURA CHE QUESTO PARTICOLARE CASO VENGA ESAMINATO CON CELERITA' E SPEDITEZZA
NON SOLO PER RENDERE SODDISFO AL RICORRENTE MA PARTICOLARMENTE PER DARE TESTIMONIANZA
DI CELERITA' PROCESSUALE IN UN PERIODO E IN UN MOMENTO STORICO NEL QUALE L'ITALIA VIENE CONDANNATA DALLA UNIONE EUROPEA PROPRIO PER GIUSTIZIA "DENEGATA" O GIUSTIZIA
"RITARDATA". ECCO, QUI DI SEGUITO, IL TESTO DEL RICORSO.


1.- Il ricorrente, attualmente Carabiniere in congedo, arruolatosi nell’anno .... ed assegnato, nel corso del servizio, a varie Stazioni e con il disimpegno di “tutte le mansioni di istituto” correlate ai Carabinieri, riconosciuto, ovviamente, in occasione dell’arruolamento, pienamente idoneo, dal punto di vista fisico e psicofisico nonché psicoattitudinale, con il superamento di tutte le rigorose prove cui si è sottoposti per entrare nella “Benemerita Arma”, si è ritrovato, purtroppo, a distanza di ben dieci anni dal disimpegnato servizio, a soffrire di “turbe disforico/ansiose” nonché da “disrettività emotiva”, nonché, ancora, colpito da spondiloartrosi diffusa con discopatie C5 – C6 – L5 – S 1 e con una ipertensione arteriosa, tutte patologie che, purtroppo, lo hanno costretto a cure e a congedi, per malattia, accordati, ovviamente, dall’Amministrazione a seguito di verifica del sofferto e del sofferendo. Tutto ciò fino al dimissionamento, per la persistenza di queste patologie. Il foglio matricolare e comunque il fascicolo dell’ufficio del ricorrente, correlato a queste malattie, ne rendono ampia e specifica testimonianza.
2.- Ciò detto, il ricorrente, alla data del ......, presentava richiesta di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio e di equo indennizzo per le infermità anzi citate e particolarmente (si ripete) per :
- la spondiloatrosi diffusa con discopatie C5 – C6 – L5 – S 1;
- ipertensione arteriosa in trattamento farmacologico;
- persistente stato disforico ansioso in trattamento farmacologico e psicoterapeuta.
3.- L’Amministrazione ha avviato la rituale istruttoria , sottoponendolo a visite e controlli e in particolar modo alla Commissione Medica Ospedaliera di Roma che ha riconosciuto la “esistenza e persistenza” delle malattie innanzi denunciate, come da verbale....... modello B n.A50406764. E le ha ascritte a varie categorie. Dopodichè la “pratica” è stata trasmessa al Comitato di verifica per le cause di servizio che ha espresso parere in data ......., sub.n........ e ha riconosciuto come “dipendente da causa di servizio” la SOLA SPONDILOARTROSI DIFFUSA con discopatie C5 – C6 – L6 – S 1, liquidando, per la stessa, un indennizzo insignificante pari ad E.......
3.- Per quel che riguarda le altre due più gravi malattie e patologie consolidatesi (ipertensione arteriosa in trattamento farmacologico e persistente stato disforico ansioso in trattamento farmacologico e psicoterapeuta) NON HA RITENUTO che sussistesse la DIPENDENZA DA CAUSA DI SERVIZIO. Per la prima malattia, difatti, ha ritenuto che la ipertensione….. “non dipendesse da causa di servizio trattandosi di affezione frequentemente di natura primitiva, insorgente sovente in individui con familiarità ipertensiva, per probabile errore genetico e conseguente alterazione della pompa del sodio a livello della membrana cellulare, favorita da fattori individuali spesso legati ad abitudini di vita del soggetto. Nel determinismo e successivo decorso dell’affezione di natura prettamente endogena, nessun ruolo può aver svolto il servizio prestato, tenuto anche conto delle modalità di svolgimento e dei disagi descritti che, considerati nel loro insieme, non risultano tali da assurgere al ruolo di causa, ovvero di concausa efficiente e determinante…..”.
PER LA SECONDA MALATTIA ha ritenuto che non sussistesse la causa di servizio in quanto ….. “ non risultano sussistere nel tipo di prestazioni di lavoro rese disagi e strapazzi di particolare intensità, né elementi di eccezionale gravità, che abbiano potuto prevalere sui fattori individuali, almeno sotto il profilo concausale efficiente e determinante, tenuto conto della peculiare natura della patologia di cui trattasi….”.
4.- Dopodichè e sulla base del parere espresso dal citato Comitato e con le indicate motivazioni il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri e per esso la Direzione di Amministrazione / Sezione Equo Indennizzo ha recepito il tutto e ha decretato il “solo” riconoscimento, per come dipendente da causa di servizio, della spondiloartrosi. E ha disconosciuto la dipendenza per le altre due patologie. Ha notificato il decreto, con l’avvertenza secondo cui si poteva ricorrere innanzi a codesto on.le Tribunale, sicchè, conseguentemente a tanto, si è costretti a dover chiedere a codesto on.le Tribunale il riconoscimento doveroso e la liquidazione di ogni indennizzo ed assegno collegato al riconoscimento e con effetti anche sul trattamento economico finale e di congedo.
5.- Ad avviso del ricorrente, il decreto impugnato e gli atti che lo supportono e che vi sono collegati, in preordine e conseguenza, è illegittimo per essere intervenuto in:
- VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEL DPR 686/57, DELLA LEGGE 1094/70, DEL DPR 461/01, DELLA LEGGE 416/926 – DEL R.D. 15/4/1928 N.1024, DELLA LEGGE 648/950 E COMUNQUE DI TUTTE LE LEGGI E DI TUTTI I DECRETI LEGISLATIVI E DPR CHE SONO STATI RICHIAMATI NELLA EPIGRAFE DEL DECRETO CONTESTATO, nonché in VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEI PRINCIPI GENERALI DI DIRITTO IN TEMA DI RICONOSCIMENTO DI CAUSA DI SERVIZIO, NONCHE’, ANCORA, IN VIOLAZIONE DELLA LEGGE 241/90, DELL’ART. 97 DELLA CARTA COSTITUZIONALE, NONCHE’, ANCORA, IN ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO DI MOTIVAZIONE / ILLOGICITA’ / MANIFESTA INGIUSTIZIA / GENERICITA’.
L’Amministrazione, come già detto, ha negato le due gravi e persistenti malattie assumendo che non fossero dipese dal servizio. Lo ha fatto, per il vero, con una motivazione MOLTO GENERICA E FUMOSA perché “ si è limitata” ad affermare, apoditticamente, la non dipendenza, SENZA CHIARIRE IL COME E IL PERCHE’ DI DETTA “NON DIPENDENZA”. Difatti non i è richiamato a circostanze specifiche, di servizio o di carattere clinico o di carattere familiare o di carattere costituzionale o di carattere organico, il tutto collegato alla persona del ricorrente, alla sua famiglia, ai suoi trascorsi e in particolar modo ai compiti di istituto, tutte circostanze, queste, che andavano chiarite e che andavano e dovevano andare a “rendere motivazione” doverosa a giustifica del disconoscimento della causa di servizio. Particolarmente il Comitato di verifica per le cause di servizio, a nostro avviso, si è limitato a ripetere clausole e formule “di puro stile”, diremmo “RITUALI”, non fosse altro perché, come si legge dal decreto e da questo parere :
a) la ipertensione arteriosa in trattamento farcologico viene disconosciuta (come dipendenza) sul presupposto secondo cui si fosse trattata di una affezione “frequentemente di natura primitiva insorgente sovente in individui con familiarità ipertensiva per probabile errore genetico !!”. In altri termini il ricorrente “avrebbe avuto, sin dalla nascita, questa particolare patologia perché si parla di “ errore genetico”, la quale frase lascia intendere che questa patologia è di carattere organico e non si correla al servizio disimpegnato. Ci si domanda, a fronte di tanto, quali fonti cliniche abbiano accertato tanto e perché mai si assuma tanto e perché mai, ancor di più, si è manifestata DOPO DIECI ANNI DI SERVIZIO e non si è manifestata o comunque non si è individuata ALL’EPOCA DELL’ARRUOLAMENTO, EPOCA IN CUI IL RICORRENTE ERA STATO SOTTOPOSTO A VISITE LE PIU’ VARIE E AD ANALISI CLINICHE LE PIU’ VARIE PER POTER “ENTRARE” NELL’ARMA DEI CARABINIERI. Ed era stato riconosciuto pienamente idoneo proprio per L’ASSENZA DI OGNI E QUALSIASI PATOLOGIA, anche di CARATTERE GENETICO. Non solo. Sempre il Comitato di verifica, in ordine a questa patologia assume che la stessa è una affezione ……. “favorita da fattori individuali spesso legati ad abitudini di vita del soggetto…”. Anche questo inciso non viene giustificato perché non si comprende quali siano state queste particolari “abitudini di vita” che abbiano potuto “FAVORIRE” la malattia. Il ricorrente ha condotto sempre una vita regolare, dal punto di vista generale. E in ogni caso non c’è stata alcuna circostanza, a suo addebito, che abbia potuto, come si dice “favorire” o scatenare la malattia, sia pure come concausa. Non solo. Sempre il Comitato di verifica soggiunge APODITTICAMENTE che l’affezione è di natura “prettamente endogena”, ripetendo un concetto che non trova riscontro in alcun elemento specifico e che comunque non è stato giammai evidenziato nemmeno in sede di arruolamento. Se fosse stato “endogena”, doveva essere presente anche in questa sede e a questa epoca. Non solo. Sempre il Comitato assume che ……nel determinismo dell’affezione e successivo ricorso nessun ruolo può aver svolto il servizio prestato tenuto anche conto delle modalità di svolgimento e dei disagi descritti che….considerati nel loro insieme….non risultano tali da assurgere al ruolo di causa ovvero di concausa efficiente e determinante……… CI SI CHIEDE, ANCORA UNA VOLTA, come e perché si giunga a questa affermazione e come e perché, pur avendo svolto tutti i compiti di istituto, il ricorrente, tra i più disagiati e comunque tra quelli che comportano anche stress particolari (tanto per esemplificare, accompagnamento di detenuti, operazioni particolari di polizia, etc.etc.), non si ravvisi un determinismo o piuttosto di disconosca la dipendenza, sempre con argomenti GENERICI e con il dire che…..considerati nel loro insieme……non risultano tali da assurgere al ruolo di causa o di concausa efficiente e determinante. MANCA INSOMMA QUELLA SPECIFICA MOTIVAZIONE E MANCANO QUEI CRITERI E QUELLE CIRCOSTANSE CHE RENDONO LEGITTIMITA’ A QUANTO DETTO. Di qui un primo vizio del provvedimento impugnato, per quanto riguarda questa patologia. Non solo. Eguale vizio, di genericità illogicita’ e così via, si riscontra nel diniego del “persistente stato disforico ansioso in trattamento farmacologico e psicoterapeuta”.Si nega la dipendenza da causa di servizio, assumendo che “nel tipo di prestazione” di lavoro rese, disagi e strapazzi, non risultano sussistere gli stessi e di particolare intensità né elementi di eccezionale gravità. Anche qui sussiste una genericità che vizia l’affermazione. Verosimilmente viene riconosciuta la dipendenza soltanto ai Carabinieri / Supermen o così via e non a chi, come il ricorrente, ha assolto A TUTTI I COMPITI DI ISTITUTO che hanno avuto, purtroppo, una ricaduta negativa sul suo fisico e sul suo stato d’animo da creargli questo stato disforico ansioso che lo sottopone, ancora oggi, ad un continuo trattamento farmacologico e psicoterapeuta che si correla al solo servizio e ai soli compiti di servizio. E’ stato questo solo servizio e questi soli compiti che lo hanno “minato” e ne hanno determinato una malattia irreversibile e abbisognevole giorno per giorno di cure. Di qui l’assurdo del disconoscimento. Il ricorrente è entrato “sano” ed è stato riconosciuto “tale”, al momento dell’arruolamento e negli anni a seguire. Se poi sono insorte queste malattie che si imputano, illogicamente e genericamente, a fatti endogeni, a fatti primitivi, a fatti costituzionali, e lo si fa in quei termini innanzi descritti, ne viene una declaratoria di illegittimità di quanto decretato.
Per tali motivi si chiede l’accoglimento del ricorso.
Riserve e conseguenze come per legge.
F.to avv. Ciro Centore.

TI RITROVI ANCHE TU NELLE STESSE CONDIZIONI? O UN TUO COLLEGA? E' IL CASO DI PREPARARE UNA CLASS ACTION PER LE PATOLOGIE CHE PIU' FREQUENTEMENTE SI RIPORTANO DURANTE IL SERVIZIO MILITARE E CHE VENGONO "DISCONOSCIUTE"PER COME DIPENDENTI DA CAUSE DI SERVIZIO?.

IL GIUDICE CONDANNATO PER AVER CHIAMATO GLI AVVOCATI RIDICOLI/INCOMPETENTI/MALEDUCATI.

SONO QUESTE, ALL'INCIRCA, LE PAROLE DETTE DA UN GIUDICE NEI RIGUARDI DI ALCUNI AVVOCATI
IN OCCASIONE DI UNA VERTENZA I CUI TERMINI PRESUMIBILMENTE NON ERANO BEN CHIARI AL MAGISTRATO. DIRE AD UN AVVOCATO NON CAPISCI NIENTE O CHE E' RIDICOLO, NELLE SUE TESI E
NELLE SUE RICHIESTE E COMUNQUE ASSUMERE UN LINGUAGGIO OFFENSIVO E DIFFAMATORIO COMPORTA
PER IL MAGISTRATO UNA GROSSA RESPONSABILITA' ANCHE DI RILEVANZA PENALE E COMPORTA, SE
QUESTI AVVOCATI FANNO PARTE DI UNO STUDIO IN TERMINI DI STUDIO ASSOCIATO CHE "L'OFFESA
ALLA REPUTAZIONE" DEVE ESSERE VISTA COME "OFFESA A TUTTI GLI AVVOCATI ASSOCIATI" E QUINDI NON SOLTANTO A COLORO CCHE ERANO PRESENTI IN UNA UDIENZA NELLA QUALE SONO STATI
ESPRESSI QUESTI GIUDIZI DIFFAMATORI O COMMENTI INGIURIOSI.
IN QUESTI TERMINI LA CASSAZIONE SI E' ESPRESSA SULLE PAROLE E SUL COMPORTAMENTO DI UN
ADDETTO AI LAVORI, OVVERO DI UN MAGISTRATO CHE, PURTROPPO, SI ERA LASCIATO ANDARE A
QUESTE ESPRESSIONI, DEFINENDO RIDICOLI, INCOMPETENTI E MALEDUCATI I COMPONENTI DI UNO
STUDIO LEGALE E PRECIPITANDO COSI', SU DENUNZIA DEGLI STESSI E DELL'INTERO STUDIO
ASSOCIATO, IN UN GIUDIZIO DI CARATTERE PENALE CHE SI E' CONCLUSO CON LA CONDANNA PER
I REATI DI "INGIURIA E DIFFAMAZIONE" E "RISARCIMENTO DANNI".
LA CASSAZIONE TRA L'ALTRO HA NEGATO A QUESTO GIUDICE ANCHE LA "SCUSANTE" SECONDO CUI
QUESTI AVVOCATI AVESSERO ASSUNTO UNA CONDOTTA DEFENSIONALE MIRATA SOLTANTO A PERDERE
TEMPO E AI FINI DILATORI. GIUSTAMENTE "GLI ERMELLINI" HANNO PRECISATO CHE QUESTA
CONDOTTA, ANCHE SE PROVOCATORIA, NON DOVEVA GIAMMAI CONSENTIRE, DA PARTE DI UN MAGISTRATO, L'USO DI PAROLE, FRASI E BEN ALTRO COSTITUENTE, PER L'APPUNTO, SECONDO IL
CODICE PENALE, INGIURIA E DIFFAMAZIONE.
COSA NE PENSI TU.

E' LEGITTIMA LA DIFFERENZA DI ALTEZZA TRA CARABINIERI DONNE E CARABINIERI UOMINI.

LO AFFERMA IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO RITENENDO CHE AI CONCORSI E ALLE CHIAMATE NEI
RUOLI DELLA BENEMERITA ARMA DEI CARABINIERI SIA CONSENTITA LA FISSAZIONE DI UNA "DIVERSA" ALTEZZA TRA ASPIRANTI/CARABINIERI/UOMINI ED ASPIRANTI/CARABINIERI/DONNE.
IL SUPERIORE MINISTERO, DIFATTI, E' STATO CHIAMATO IN GIUDIZIO PERCHE' IN UN PARTICOLARE
BANDO PER ASPIRANTI MARESCIALLI AVEVA "DETTO" CHE BEN SI POTEVA PARTECIPARE, PER LE DONNE, CON UNA ALTEZZA MINIMA DI 161 CM. E PER GLI UOMINI PER UNA ALTEZZA, SEMPRE
MINIMA DI 165 CM. INSOMMA NON SI POTEVA CONSENTIRE LA PARTECIPAZIONE A CHI, A PIEDI
SCALZI, IN OCCASIONE DELLA NECESSARIA VISITA, SI RITROVASSE "AL DI SOTTO" DI QUESTE
ALTEZZE. LA QUESTIONE E' STATA PORTATA DINANZI AL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO, COME CI
RIFERISCE IL PROF.AVV. CIRO CENTORE, E LO STAFF DEL SUO STUDIO, COSTITUITO PARTICOLARMENTE DAGLI AVV.TI UGO CENTORE, CAMILLO FEDERICO E DALLE AVVOCATESSE IRENE E
DANIELA PAPPALEPORE, TUTTI SPECIALISTI IN TEMATICHE DI CARATTERE MILITARE.
C'E' STATO UN "CORO /COMMENTO" DI "SI'" AL VERDETTO DI POI AVUTOSI, VERDETTO CHE HA
RIGETTATO LA TESI DI QUANTI RITENEVANO CHE CON QUESTA "DIVERSA FISSAZIONE DI ALTEZZA" SI ERA DATO LUOGO AD UNA DISCRIMINAZIONE E AD UN TRATTAMENTO DI DISEGUAGLIANZA CHE NON POTEVA ESSERE ACCETTATO PARTICOLARMENTE PER ASPIRANTI AD UN
PARTICOLARE GRADO.
DI QUI, DA PARTE DEL TAR, LA TESI E IL VERDETTO RESO IN QUESTI STESSI TERMINI OVVERO
NEL RICONOSCIMENTO DI LEGITTIMITA' DELL'OPERATO MINISTERIALE.
TU COSA NE PENSI?. HA TORTO IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO ?
OCCORREVA PORTARE LA QUESTIONE DINANZI ALLA CORTE COSTITUZIONALE PER VIOLAZIONE DEL
PRINCIPIO DI EGUAGLIANZA FISSATO NELLA CARTA COSTITUZIONALE ALL'ART. 3?.
E DA TUTTO CIO' NE VIENE ANCHE UNA POSSIBILE UNA CAMPAGNA DI STAMPA PER GARANTIRE
LA "PARI OPPORTUNITA'" SEMPRE PIU' AGLI UOMINI PIU' CHE ALLE DONNE?.
SCRIVI QUI IL TUO COMMENTO/POST

SOLDATI E"GENTILSESSO". NO ALLE BATTUTE PESANTI.

IL "NO" ALLE BATTUTE PESANTI, IN CASERMA, A TUTTO DANNO DELLA "DIGNITA' DELLE SOLDATESSE" E' COSTATA UNA CONDANNA DI CARATTERE PENALE AI "COMMILITONI/MASCHIETTI"
CHE, IN PRESENZA DELLE "COLLEGHE" E SUBENDONE IL FASCINO FEMMINILE, SONO ANDATI AL DI LA' DEL RAPPORTO DI CAMERATISMO.
INSOMMA FRASI PARTICOLARI, TESE ALLA SEDUZIONE O, SU INDIFFERENZA O RESPINGIMENTO
ESPLICITO DELLE STESSE, I NOSTRI "MASCHIETTI" SONO ANDATI AVANTI E, DEGENERANDO, NON
POTENDO "ACCALAPPIARE" LA PREDA, HANNO TRASFORMATO IL LORO "ELOQUIO" E DOLCE STILNOVO
IN TUTT'ALTRO: BATTUTACCE E FRASI "OSE'" TALI DA COMPORTARE NON SOLO LA GIUSTA REAZIONE
MA L'APERTURA DI UN PROCESSO PENALE CHE SI E' CONCLUSO CON LA CONDANNA DEGLI "ARDITI".
LA CASSAZIONE, DIFATTI, SU QUESTO TEMA, COME CI RIFERISCE IL PRESIDENTE SINTUC OVVERO
IL PROF. CIRO CENTORE, AVVOCATO CHE SI OCCUPA ANCHE DI PROCESSI DEI MILITARI, E' STATA
CATEGORICA E NON HA ACCETTATO SCUSE ED ESIMINENT, CONDANNANDO "I NOSTRI" ALLE PENE
PREVISTE PER LEGGE.
LO HA FATTO CON UNA RECENTE SENTENZA SOTTOLINEANDO CHE "PAROLE E GESTI" DEBBONO ESSERE
SEMPRE "MISURATI" E NON "SMISURATI/ROZZI/VOLGARI". INSOMMA TORNIAMO AL ROMANTICISMO, O, MEGLIO ANCORA AL DOVEROSO RISPETTO DEL "GENTILSESSO".
TU COSA NE PENSI? RICORRERESTI ANCHE TU AL CODICE O TI SOFFERMERESTI SU DI UNA "LAVATA DI TESTA"?
COMMENTA QUI DI SEGUITO IL TUO PENSIERO.

martedì 27 aprile 2010

ABOLIAMO LE AVVOCATURE DEGLI ENTI

E' UNA PROPOSTA CHE VA FATTA, VISTO CHE SIAMO IN TEMA DI RIFORMA DELLE PROFESSIONI LIBERE E CHE SI TENDE SEMPRE PIU' A CREARE "SBARRAMENTI" E "PALETTI" AI GIOVANI CHE TENDONO ALLA POFESSIONE DI "AVVOCATI" DEL LIBERO FORO E CHE PURTROPPO VUOI PER L'ACCESSO VUOI PER L'ABILITAZIONE VUOI PER MILLE ALTRE RAGIONI SONO MESSI "A PARCHEGGIO" E CON SOMMA DIFFICOLTA' RIESCONO AD INSERIRSI NEL SETTORE DELLE PROFESSIONI
LIBERE. QUALCHE "SPIRAGLIO" LO SI VEDE NEL MOMENTO IN CUI SI E' DATO LUOGO PER L'AFFIDAMENTO DEGLI INCARICHI DA PARTE DI AMMINISTRAZIONE PUBBLICHE AD UNA SCELTA NON
PIU' FIDUCIARIA E DI NEPOTISMO MA AD UNA SCELTA CHE SIA PURE PER FORMA INTERVIENE
ATTRAVERSO IL "MECCANISMO" DELL'ELENCO "FIDUCIARIO" NEL QUALE BISOGNA ISCRIVERSI E NEL
QUALE "SI PESCA" PER LA SCELTA DEL PROFESSIONISTA, RAPPORTANDOLA ALLE SUE ESPERIENZE, E
AI SUOI TITOLI. SI PROCEDE CON LA COSIDDETTA "ROTAZIONE" PER CUI CHI HA GIA' RICEVUTO UN INCARICO DEVE ESSERE MESSO IN LISTA DI ATTESA PER ALTRO INCARICO. SI EVITA COSI' UN
CUMULO DI INCARICHI E UN BLOCCO DI QUESTI SBOCCHI PROFESSIONALI.
SI TRATTA DI PICCOLA COSA E DI UN PICCOLO PASSO.
OCCORRE SOLLECITARNE ALTRI.
LA SOLLECITAZIONE CHE PROPONIAMO NOI E' QUELLA DI "ALLARGARE IL MERCATO" E LIBERALIZZARLO CON LA ABOLIZIONE DELLE AVVOCATURE DEGLI ENTI (COMUNI/CONSORZI/PROVINCE/SOCIETA' DI PARTECIPAZIONE PUBBLICA ETC.ETC.), VISTO CHE IL PERSONALE
CHE OPERA IN TALI APPARATI PUO' BEN ESSERE "SOSTITUITO" DA "LIBERI PROFESSIONISTI"
CHE MOTIVAZIONE E PER LA LIBERALIZZAZIONE DEI MERCATI TROVANO IMPEDIMENTO IN QUESTI
APPARATI CHE HANNO ORAMAI FATTO IL LORO TEMPO.
QUESTA E' LA PROPOSTA CHE NOI LANCIAMO.
E PER LA QUALE TUTTI GLI AVVOCATI E GLI OPERATORI DEL DIRITTO POSSONO FORMULARE IL
LORO PARERE E COMMENTO.

mercoledì 21 aprile 2010

"POLVERI TUMORALI" E SOLDATI CHE RINCORRONO LA GIUSTIZIA.

ASSURDO MA VERO. E' STATO COSTRETTO A RICORRERE AL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO UN GIOVANE
"SOLDATO" PER UNA GRAVISSIMA MALATTIA CHE GLI E' INSORTA PER IL "MANEGGIO E SVUOTAMENTO" DI SACCHI CONTENENTI A SUA INSAPUTA E SENZA CHE I SUPERIORI LO AVESSERO
AVVERTITO "POLVERI" DEI TEATRI DI GUERRA OSSIA DA TERRITORI NEI QUALI ANCHE I NOSTRI
ESERCITI OPERANO SIA PURE PER MISSIONI DI PACE. ASSURDO MA VERO. NON SI COMPRENDE SE E COME VENGONO "SALVAGUARDATI" I NOSTRI GIOVANI CHE ESPLETANO IL SERVIZIO MILITARE E CHE
SI RITROVANO DALL'OGGI AL DOMANI A DOVER OBBEDIRE AD ORDINE DI SERVIZIO IMPARTITI "A VOCE" E PERCHE' MAI NELL'AMBIENTE MILITARE NON SI PROVVEDA A DISCIPLINARE ANCHE L'ATTIVITA' INTERNA CON CIRCOLARI O COMUNQUE CON ORDINI SCRITTI CHE VENGANO ASSUNTI DOPO AVER VERIFICATO ANCHE BUROCRATICAMENTE COME SALVAGUARDARE GLI "ADDETTI AI LAVORI".
NEL NOSTRO CASO UN GIOVANE DI LEVA ERA STATO COMANDATO A SPOSTARE E SVUOTARE SACCHI
CONTENENTI QUESTE PARTICOLARI E MICIDIALI (PER LA SALUTE) POLVERI E A RIPULIRE O PIU'
ESATTAMENTE A PROVVEDERE CON SPRUZZI D'ACQUA AL LAVAGGIO DI CARRI ARMATI PROVENIENTI DA TEATRI DI GUERRA E CHE FORSE PRESENTAVANO PARTICELLE DI URANIO IMPOVERITO DETERMINATIVE DI LEUCEMIE E MALATTIE TUMORALI LE PIU' GRAVI. EBBENE, DOPO CIRCA TRE SETTIMANE DAL DISIMPEGNO DI QUESTO LAVORO, IL "NOSTRO" AVEVA MANIFESTATO STORDIMENTI, FIACCHEZZA, INSONNIA, E UN AUMENTO PAUROSO DI GLOBULI BIANCHI, SEGNI TUTTI DELL'INSORGERE DELLA LEUCEMIA. CONGEDATO, DOPO QUALCHE MESE E DOPO UN RICOVERO OSPEDALIERO, SENZA IL RICONOSCIMENTO DI ALCUNA DIPENDENZA DA CAUSA DI SERVIZIO E'STATO COSTRETTO A DOVER AFFRONTARE UN GIUDIZIO DINANZI AL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO, PER QUESTE RAGIONI E CIRCOSTANZE, CON L'ASSISTENZA DEL PROF.AVV.CIRO CENTORE AL FINE DI VEDERSI RIPAGARE DAL MINISTERO DELLA DIFESA DEI DANNI ALLA "SALUTE", DANNI CHE SONO "INCOMMENSURABILI" NON FOSSE ALTRO PERCHE' "A VENTI ANNI O POCO PIU'" QUESTE PATOLOGIE ROVINANO LETTERALMENTE LA GIOVINEZZA E LA SALUTE DI UNA QUALSIASI PERSONA. AL DI LA'DELLE RAGIONI DI DIRITTO FATTE VALERE DAL PROF.CENTORE, AVENTE STUDIO IN CASERTA E SPECIALISTA NEL SETTORE SPECIFICO "MILITARE/AMMINISTRATIVO", C'E' DA DOMANDARSI SE,A CAUSA VINTA, PER QUESTI DANNI DOVRA' PAGARE SEMPRE E SOLTANTO UNO STATO/PANTALONE O NON QUEGLI UFFICIALI CHE HANNO DETERMINATO QUESTO "STATO DI COSE". E CI DOMANDIAMO SE SUSSISTE NELL'AMBIENTE MILITARE UNA STATISTICA DELLE PATOLOGIE MILITARI OVVERO DI QUELLE PATOLOGIE CHE PIU' COMUNEMENTE INSORGONO E DANNO LUOGO AD UN CONTENZIOSO E SE SIANO STATE IDENTIFICATE E A QUANTI GIUDIZI DI DISCONOSCIMENTO DI DIPENDENZA DA CAUSA DI SERVIZIO ABBIANO DATO LUOGO. NE SAI TU QUALCOSA? PROPORRESTI ANCHE TU UNA CAUSA INNANZI AL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO O PROPONI ALTRI RIMEDI E SALVAGUARDIE?. IL DIBATTITO E' APERTO, PARLACI DELLE TUE ESPERIENZE E DELLE TUE PROPOSTE.

lunedì 19 aprile 2010

Conferenza di Presentazione del Sin.Tu.C., Sindacato a Tutela dei Cittadini


L’Asso/Sintuc, nel dare il benvenuto agli operatori dei mass / media, sia della tradizionale “carta stampata” e sia degli attuali “strumenti telematici” che hanno trovato, nell’ultimo decennio, la massima espressione in “Internet” e nelle “TV satellitari”, intende partire da Caserta, luogo di fondazione di questa Associazione sindacale, libera e apolitica, per “tentare” un nuovo percorso di “formazione ed esaltazione” di tutti i valori espressi nella nostra “Carta Costituzionale” e tesi alla salvaguardia dell’uomo, nella sua espressione di “cittadini e non”.
E di farlo promuovendo “campagne”, come suol dirsi, seminari di studio, approfondimenti, referendum, attività assistenziale e consulenziale, per tutti i temi e per tutte le tematiche che, purtroppo, trovano sempre più “dimenticanza” e “sofferenza” nell’attuale ordinamento, a tutto scapito, come già detto, dei “cittadini e non”.
Con il dire “non” è evidente che facciamo riferimento ad ogni soggetto, anzi, ancor di più, ad ogni “creatura” che trovasi sul nostro territorio e che, per le difficoltà le più varie, non trova tutela nei meccanismi burocratici e legislativi italiani, poco ispirati ai criteri fissati dalle direttive della Unione Europea e dalle convenzioni “internazionali” che pur dovrebbero essere radicati e presenti nella nostra realtà ordinamentale, burocratica e, ancor più, coscienza pubblica e generalizzata.
I temi da esaltare sono correlati ai principi “basilari” della nostra Costituzione e che si rapportano a quelli della eguaglianza, della non discriminazione, della crescita culturale, della dignità lavorativa, in tutte le sue espressioni e così via.
Cosa ci differenzia dai tradizionali Sindacali e dalle tradizionali Associazioni dei consumatori.
Ci permettiamo di riassumere le differenze nelle indicarle con le seguenti connotazioni:
a) creazione di osservatori sui verdetti della Magistratura più avanzata e meno pubblicizzati;
b) promozione di referendum nel rispetto dell’ordinamento costituzionale;
c) reti /blog per la registrazione e diffusione delle perplessità e insofferenze di ogni comunità civica, al fine di creare dei “database” da indirizzare alle Istituzioni e agli Organi istituzionali al fine di “smuovere” le stesse, richiamare “l’attenzione” delle stesse e prevenire quelle “conflittualità” che sono oramai sempre più all’ordine del giorno e che hanno determinato un “distacco” tra il Paese reale e quello puramente “figurativo”;
d) promuovere dibattiti, seminari di studio, occasioni di “pungolo” al fine di “scuotere” le nostre comunità, particolarmente meridionali, sempre più “insonnolite”o “stordite” da “pregiudizi” e “ignoranza”.
Riteniamo che questo tipo di “Associazione” possa consentire la effettiva tutela dei diritti dei “cittadini e non” e che si possa pervenire a tanto con il massimo del “dialogo”, non fosse altro perché, come nell’antica Grecia, la vera “agorà” era rappresentata più che dalla piazza intesa “fisicamente” dal colloquio e dal dialogo generalizzato.
Viceversa l’abbandono di questo dialogo, ha creato soltanto “isole e conservatorismi” che non sono di certo espressione di civiltà.
In questa ottica e, in prima battuta, il SINTUC, da solo o in collegamento e sintonia con altre Associazioni, affini per intenti e natura, avrà a condurre “battaglie”:
a) per quel che riguarda gabelle, canoni e tributi che imperversano sempre più, proponendo, ad esempio, l’abolizione del canone RAI, oramai inaccettabile nella coscienza pubblica non fosse altro perché non rappresentativo di alcun servizio “chiesto” da alcuno. In altre parole la RAI entra nelle case del cittadino e non è il cittadino che entra nella RAI, soprattutto perché la gestione e il coinvolgimento del “semplice cittadino” nella programmazione di questa società è “nulla” e ingiustificata;
b) per quel che riguarda il coinvolgimento del cittadino in gestioni e sopraffazioni esattoriali, come quelle dell’Equitalia , società a intero capitale pubblico, che gode di strumenti coattivi tali da far dubitare fortemente della sua costituzionalità. E’ inaccettabile il principio del “daziere”, dei secoli scorsi, secondo cui “prima paghi e poi chiarisci”. Così come è inaccettabile che soggetti vari, di rilevanza pubblica, tra cui Ordini Professionali, si avvalgano di questa società per la riscossione non di tributi ma di addirittura di somme correlate alla semplice iscrizione dei loro iscritti. Vedansi, al riguardo gli Ordini Professionali degli Avvocati che non hanno potestà tributaria e impositiva e che utilizzano la riscossione coattiva a mezzo di detta Società, con ricadute anche “psicologiche” sull’iscritto;
c) partecipazione ai procedimenti amministrativi determinativi dei prezzi al consumo di beni e prodotti di massa, in termini più razionali e ampi e territoriali rispetto a quelli attualmente esistenti, al fine di calmerare detti prezzi e ridurre le speculazioni di mercato;
d) abolizione dei compensi a pubblici amministratori, visto che gli stessi considerano l’amministrazione della “cosa pubblica” oramai, per tempi, modalità e così via, delle professioni vere e proprie, con un diritto a compenso alla pari di una retribuzione manageriale di alto livello e dai risultati sempre più “disastrosi”;
e) attribuzione e pubblicizzazione di ogni e qualsiasi incarico pubblico all’insegna di “avvisi” e “comparazioni”, con eliminazione, così del cosiddetto “elemento fiduciario” che si è materializzato soltanto in attribuzioni personalistiche, familistiche, nepotistiche, clientelari.
E così via.
L’Associazione, per lo meno negli auspici, avrà delle delegazioni territoriali a livello comunale, regionale e nazionale.
Si ringrazia per l’attenzione e ci si augura di ricevere, da parte dei Sigg.ri Giornalisti ed Operatori / Mediatici , presenti o futuri, suggerimenti ed indicazioni utili per il maggiore soddisfo delle finalità di questa nostra iniziativa.
Con stima ed affettuosità.

Comunicato Stampa

Le notizie diffuse il giorno 16 aprile 2010 dal telegiornale tg uno delle ore 13.30 circa l’arresto di 22 allevatori bufalini che sversavano liquami di ogni genere direttamente nel collettore dei Regi Lagni raggiungendo il mare rappresenta un fatto estremamente grave.
Ciò che è accaduto è solo la punta emergente di una catena interminabile di responsabilità, di connivenze, di interessi economici del malaffare, che a tutti i livelli hanno contribuito e concorso tra loro al disastro ambientale sull'intera fascia costiera in provincia di Caserta che a sua volta ha fatto una sola vittima… "IL MARE".
Il Sindacato Italiano Balneari ha denunciato già l'anno scorso e tanti Balneari lo stanno facendo tuttora, presso le Procure della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere e di Napoli chi ha provocato tutto questo e l’importane indagine che ha portato ai provvedimenti cautelari con l’arresto di 22 allevatori ed il sequestro di 25 allevamenti ne sono l’inconfutabile risultato.
Non solo. La Procura finalmente ha aperto un squarcio di verità sul mancato funzionamento dei depuratori che tramite by-pass inviano a mare direttamente i reflui cosa che da tempo viene denunciata dalle associazioni ambientaliste e dal S.I.B.
Nelle ordinanze sono elencati i reati di disastro ambientale, avvelenamento delle acque, scempio paesaggistico. Il Comando Regionale della Guardia di Finanza, con il Gen. Pino MANGO ha coordinato una task force di specialisti con elicotteri e motovedette per rilevare lungo il percorso dei Regi Lagni e sottoposto l’infinita serie di abusi e omissioni che hanno resa pessima la qualità delle acque scaricate. La responsabilità più grave è attribuita alle società degli impianti pubblici di depurazione affidati in gestione quasi tutti a “HYDROGEST CAMPANIA S.P.A.” ed uno al consorzio di imprese “DOND IBC IMPEC”.
A fronte di tali fatti estremamente gravi il S.I.B. come ha avuto modo di dichiarare nelle denuncie innanzi richiamate, si costituirà congiuntamente all’ASCOM CASERTA rappresentato dal proprio Presidente Mario D’Anna, parte civile nel procedimento giudiziario, assistiti dall’ Avv. Ciro CENTORE che conduce tutta la problematica relativa alla tutela dei balneari e alla tutela di tutti i commercianti in provincia di Caserta che sono stati danneggiati dall’ inettitudine delle amministrazioni provinciali e regionali. L’iniziativa intrapresa dal S.I.B. ha come obbiettivo ultimo la difesa al lavoro e la difesa delle proprie attività, frutto di decine di anni di lavoro;
gli stabilimenti balneari già assediati da una politica miope che non gli consente di sopravvivere, in questo tratto di costa subiscono passivamente loro malgrado le azioni violente di chi avvelena il mare rimanendo fino a qualche anno fa impotenti e costretti a lavorare negli ultimi DICIOTTO ANNI!!!! con i divieti di balneazione affissi all’ingresso degli stabilimenti stessi.
L’azione intrapresa dal S.I.B. con il supporto autorevole delle altre associazioni di categoria rappresenta un primo passo importante per tutta la categoria dei balneari del litorale domizio, alla quale non dovranno rimanere insensibili anche i nostri amministratori a tutti i livelli sia comunale, provinciale che regionale affinchè si possa restituire il mare a tutti i cittadini, la possibilità alle imprese di lavorare, e di riscattare l’immagine negativa che ci viene attribuita riconquistando gli equilibri socio-ambientali che sono sostanzialmente un diritto di tutti.


Sindacato Italiano Balneari-Caserta
Il Presidente Marcello Giocondo.